sabato, Aprile 20, 2024
CinemaLGBTQ+ nei media: due serie Netflix da non perdere

LGBTQ+ nei media: due serie Netflix da non perdere

Avevo circa 12 anni quando ho cominciato a farmi domande sulla mia sessualità e ancora non ho smesso. Quando capisci di non rientrare nella “normalità” ti guardi intorno alla ricerca di nuovi punti di riferimento. Il problema è che fino a qualche anno fa praticamente non esistevano. La rappresentazione LGBTQ+ nei media consisteva prevalentemente in storie tragiche, amori tossici e tormentati, malattie inguaribili e infelicità a non finire. Il film che più mi ha traumatizzato è stato L’altra metà dell’amore: in un collegio femminile Pauline e Tori hanno una relazione. Quando la sorellina di Tori lo scopre, lei finge di essere stata molestata e lascia Pauline, che per il dispiacere si butta giù dal tetto della scuola. Non è difficile immaginare come questo tipo di narrazioni abbia avuto un’influenza negativa su di me e su tutta la mia generazione. 

Per questo ringrazio il fatto che adesso, grazie specialmente a Netflix, la rappresentazione LGBTQ+ nei media sia aumentata. E per tutte le persone che si lamentano dell’eccessiva presenza di personaggi gay all’interno di serie tv e film, ho una cosa molto banale da dire: se non vi mettete nei nostri panni non capirete mai. È molto complesso spiegare a chi rientra nelle categorie privilegiate (persone bianche, cis, etero e abili) perché pianga tutte le mie lacrime guardando teen drama queer. Le critiche sono legate semplicemente a uno scarso livello di empatia. Non riescono a immedesimarsi nel target di riferimento di quel determinato personaggio o storia. Chiaramente in alcuni casi la scrittura di certi personaggi è molto carente. In altri, più estremi, la rappresentazione è talmente pessima che sarebbe quasi meglio non averne affatto. Ciò non toglie che si apprezzino gli sforzi fatti, e che ogni piccolo passo è ben accetto. Anche perché questo significa che le nuove generazioni potranno vivere in maniera più positiva la scoperta della propria sessualità, senza timore di sentirsi sbagliati. O senza doversi vedere prodotti di dubbio gusto.

Sex Education

Vorrei quindi parlare di due serie tv Netflix che a mio parere rappresentano al meglio la comunità LGBTQ+ nei media. La prima è Sex Education, che segue le vicende di Otis Milburn, un adolescente che si ritrova a fare da consulente sessuale nella sua scuola. All’interno della serie ci sono moltissimi personaggi che affrontano la propria sessualità, molti dei quali fanno parte della comunità queer. Per esempio c’è Ola, che dopo aver avuto una relazione con Otis, si innamora di Lily, scoprendo così di essere pansessuale. Interessante, anche se il cliché è un po’ abusato, è la storia di Adam, il bullo della scuola che realizza la sua bisessualità. Menzione d’onore va a uno dei pochissimi (per il momento) personaggi asessuali dei media: Florence. La sua storia è secondaria, ma il fatto che abbiano deciso di parlare di asessualità, seppur brevemente, è estremamente importate. Ognuno ha un proprio spazio e le loro vicende hanno grande importanza, per quanto magari influenzino poco la vita del protagonista. 

Se siete interessati ad approfondire questi aspetti vi rimando a un paio di articoli interessanti: Sex Education Is One of the Queerest Teen Shows Ever e Sex Education: 8 Ways The Show Did LGBTQ+ Representation Right

La cosa però che preferisco di questa serie è il rapporto tra Otis, e il suo migliore amico Eric. È la prima volta che viene rappresentata nei media un’amicizia tra un ragazzo etero e uno gay senza elementi di problematicità. Non ci sono cotte non ricambiate, ed Eric non è semplicemente rilegato al ruolo di spalla comica della serie. I due hanno una relazione sana, che attraversa alti e bassi, e che risulta sempre realistica, non stereotipata. Questa è forse una delle narrazioni di amicizia maschile in generale meglio scritta. 

Apro una piccola parentesi da fangirl quale sono: su questa relazione non si fa queerbaiting. Per spiegarlo in parole più semplici, tra i due personaggi non si crea una finta tensione sessuale irrisolta. Accade spessissimo quando due personaggi, solitamente maschili, si trovano insieme su uno schermo. Vi assicuro che non è un elemento legato alla fervida immaginazione delle spettatrici. Molto spesso vengono messe in atto di proposito situazioni ambigue. Si porta a far credere che possa esserci di più di una semplice amicizia tra due personaggi, quando invece non è così. Di solito è un meccanismo messo in atto di proposito dagli sceneggiatori, per attirare pubblico queer, senza però compromettere il rapporto con il pubblico più conservatore. Questo perché dare spazio apertamente a una vera e propria rappresentazione LGBTQ+ nei media, è molto meno conveniente che fingerla per sottintesi e mezze frasi. Per saperne di più vi consiglio di documentarvi su uno dei casi di queerbaiting più famosi delle serie tv: Dean e Castiel in Supernatural

Ma questo meccanismo non avviene, per fortuna, in Sex Education, dove i due personaggi hanno una semplice e sana amicizia adolescenziale e rivolgono il loro interesse amoroso altrove. In questa serie però il protagonista è pur sempre un ragazzo bianco, cis, etero e abile e i personaggi queer per quanto importanti sono comunque secondari.

Heartstopper

L’altro esempio di cui voglio parlare è Heartstopper, una serie Netflix uscita ad aprile che ha riscosso molto successo. È basata sulla graphic novel di Alice Oseman, e narra la storia di Charlie Spring, ragazzino che frequenta un istituto maschile in cui è l’unico a essere dichiaratamente gay. Ha una relazione nascosta con un compagno di scuola, Ben, che non vuole far sapere in giro di essere omosessuale. Tratta Charlie molto male e l’autostima del ragazzo, già a terra a causa del bullismo subito l’anno precedente, ne risente. All’inizio dell’anno, a causa di un progetto interclasse, Charlie si ritroverà ad avere come compagno di banco Nick Nelson, il capitano della squadra di rugby. Il ragazzo non rientra però nel solito stereotipo dello sportivo arrogante e spocchioso, è invece gentile e sensibile. Sprizza energia da Golden Retriever da ogni poro. Tra i due nasce un’amicizia, che per Charlie si trasforma presto in una cotta che pensa essere non ricambiata. Ma anche Nick comincia ad innamorarsi e la storia si snoda seguendo la crescita del rapporto tra i due, e la scoperta della bisessualità di Nick. 

Di per sé non c’è niente di particolarmente originale, due ragazzi si incontrano e si innamorano, e fine lì. Quello che però è veramente innovativo di questa serie è il modo in cui la vicenda viene raccontata. È di una dolcezza e un ottimismo unici. È come guardare il mondo attraverso delle lenti rosa, senza mai risultare stucchevole o fuori dalla realtà. I problemi ci sono, vengono raccontati, ma non per questo si perde il tono positivo che permea tutta la serie. Si mette tutto nella giusta prospettiva: far parte della comunità LGBTQ+ è normale e va vissuto come tale. Le avversità ci sono, ma si possono superare senza drammi. 

Nick e Charlie sono i protagonisti, ma non mancano altri personaggi a riempire la narrazione. Tra gli amici di Charlie ci sono Isaac, interessato solamente ai libri, Tao, che ha paura di rimanere solo e Elle, ragazza trans appena trasferita in una nuova scuola. Lei ha qualche problema ad adattarsi, ma dopo qualche tempo farà amicizia con Tara e Darcy, due ragazze che formano un’altra adorabile coppia queer. 

Anche in questo caso voglio parlare dell’aspetto che mi è piaciuto di più: il rapporto tra Nick e sua madre, interpretata da Olivia Colman. In molti sapranno quanto sia difficile aprirsi con i genitori riguardo alla propria sessualità. Anni e anni di racconti di coming out in famiglia finiti in tragedia non ci incoraggiano. Per questo quando Nick confessa a sua madre che Charlie è il suo ragazzo e che lui è bisessuale la sua reazione mi ha colto di sorpresa e, confesso, di non essere riuscita a trattenere le lacrime. 

Thank you for telling me. I’m sorry if I ever made you fill like you couldn’t tell me that

Ringrazia il figlio per essersi aperto con lei e gli chiede scusa. Non avrebbe mai voluto dargli l’impressione che non lo avrebbe accettato. Punta quindi l’indice contro se stessa e si chiede se possa aver sbagliato qualcosa.

Suggerisco di nuovo un articolo che ho trovato molto interessante: Here’s Why I Found “Heartstopper” Equally Traumatic And Gratifying At The Same Time.

Aspettiamo allora una seconda stagione di questa serie, sperando che sia all’altezza della prima, che mantenga lo stesso tono leggero e ottimista e che introduca magari nuovi personaggi e storie. Perché di rappresentazione LGBTQ+ nei media non ce n’è mai abbastanza. Specialmente per chi come me ne è rimasto tanto a lungo a digiuno. Dare spazio a narrazioni diverse fa bene a chiunque, e permette di avere una visione più ampia e migliore del mondo. 

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