martedì, Aprile 16, 2024
CinemaPerché odio Animali Fantastici (ma amo Harry Potter)

Perché odio Animali Fantastici (ma amo Harry Potter)

Come mai Animali Fantastici non ha ereditato il successo della saga di Harry Potter?

Animali Fantastici è la saga cinematografica spin-off di Harry Potter ambientata nel Wizarding World in un arco temporale antecedente alle avventure di Harry e dei suoi amici.

La saga si compone di tre film prodotti dal 2016 a oggi con “Animali Fantastici e dove trovarli”, “Animali Fantastici: i crimini di Grinderwald” e il recentissimo “Animali Fantastici: i segreti di Silente”. 

All’inizio del progetto Warner Bros dichiarò che la saga si sarebbe composta di ben cinque film, ma nonostante il debutto con la prima pellicola fosse stato accolto più o meno positivamente dal pubblico, con i successivi capitoli la saga ha registrato un effettivo calo nei consensi tanto da metterne in dubbio la continuazione (ad oggi la Warner Bros non ha ancora ufficializzato l’inizio dei lavori sul quarto film).

Ecco quindi tre aspetti che la saga cinematografica di Animali Fantastici tratta in maniera del tutto differente rispetto a quanto fatto in Harry Potter. Aspetti molto importanti che, se in Harry Potter ne hanno sancito il successo, in Animali Fantastici diventano motivo di delusione da parte del pubblico e dei suoi fan. Ma soprattutto, ecco perché odio Animali Fantastici:

Newt Scamander, il protagonista della saga di Animali Fantastici interpretato dall’attore Eddie Redmayne.

1. Un protagonista poco convincente

Animali Fantastici ha come protagonista Newt Scamander, un magizoologo , un esperto di animali magici che popolano l’intero Wizarding World. Mentre nel primo film della saga, le vicende ruotano intorno a queste creature fantastiche di cui lui sembra esserne l’unico esperto, nei successivi il suo ruolo viene decisamente privato di importanza e centralità tanto da rendere i vari personaggi secondari molto più interessanti (come ad esempio l’amico Jacob) e più determinanti al fine della trama. 

La sceneggiatura fatica a includerlo nelle vicende che si raccontano, soprattutto nel secondo e terzo capitolo, tanto da rendere la presenza di questi “Animali Fantastici” ridotta a delle disneyane spalle comiche o a protagonisti di un “contentino” di scene prive di valore narrativo. Si nota la volontà di non volersi ripetere con un protagonista troppo “speciale” come Harry Potter, ma così il personaggio non emerge, rendendolo il protagonista solo sulla carta. Un personaggio talmente defilato tanto che, in maniera del tutto ragionevole, porta il pubblico a domandarsi: “Ma Newt Scamander dov’era durante questa scena?”, “Ok, woow, che bella rivelazione, ma in tutto questo Newt?”, “Ma se c’era o non c’era Newt le cose non sarebbero andate allo stesso modo?”, e così via.

Il povero Scamander è vittima di una serie di sfortunati eventi che vanno dalla scarsa attenzione alla scrittura del personaggio alla discutibile performance dell’attore Eddie Redmayne che lo interpreta. Passiamo alla seconda ragione perché odio Animali Fantastici:

Lo Skull – Hookah, un oggetto misterioso usato da Grindelwald per divinare il futuro, l’esempio perfetto di “magia” o oggetto magico che non viene approfondito come si deve ma rivelatosi cruciale al fine della storia di “Animali Fantastici – I crimini di Grindelwald”.

2. L’importanza della magia

Le vicende di Animali Fantastici non sono ambientate nella Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, anche se alcune scene vi si svolgono: scene messe lì (soprattutto nel terzo episodio), quasi come se fossero un cameo per un pubblico molto esigente; un pubblico considerato forse dagli addetti ai lavori così naive da non capire che queste scene sono solo un “contentino”. Ma non è così: il pubblico non è così ingenuo. 

I protagonisti non sono studenti alle prese con il diventare maghi o streghe, ma degli adulti, spesso diplomati alla scuola di Hogwarts, che vivono e ricoprono svariati ruoli nel mondo magico. Newt Scamander, come già detto,  è un magizoologo. L’ex auror Tina Goldstein, invece, è impiegata presso il Magistero degli Stati Uniti d’America. Sono adulti, sono diplomati e quindi è ragionevole vederli utilizzare la magia con grande disinvoltura ed esperienza. Nulla di sbagliato, peccato che così l’aspetto magico venga trattato in maniera superficiale. In Harry Potter gli studenti imparano gli incantesimi e spesso le vicende, le trame e le leggende si tessono attorno a questi. In Animali Fantastici, invece, la magia è solo un mero strumento, spesso escamotage utile solo a far tornare i conti di una sceneggiatura già debole di suo. Un potere speciale in mano a individui speciali che vivono in un mondo speciale e che non si degnano nemmeno di pronunciare l’incantesimo che fuoriesce dalle loro bacchette. In un momento siamo lì, quello subito dopo siamo là grazie a una passaporta (che solo chi ha visto o letto Harry Potter conosce), ed ecco spiegate le varie apparizioni dal nulla di personaggi, ecco spiegati i continui teletrasporti con innumerevoli cambi di ambientazione utili al solo scopo di rendere caotico il ritmo della pellicola.

Gli effetti della pozione polisucco in una scena di Harry Potter e i doni della morte parte 1

Nella saga di Harry Potter tutto ciò non accade, la magia ha sempre avuto un senso, un’identità principale e fondamentale, persino un valore metaforico. La magia spesso viene descritta e caratterizzata da leggi specifiche e immutabili che vanno ad arricchire di dettagli e lore un mondo che di conseguenza si presenta allo spettatore chiaro, coerente e affascinante. Un mondo in cui sognare di vivere. 

Tanto per fare un paio di esempi: la leggenda dei Doni della Morte e a ciò che rappresentano; l’importanza della pozione polisucco ai fini della trama di Harry Potter e il Calice di Fuoco; tutto quell’atteggiamento di timore e censura che sta dietro al nome di Voldemort; gli Horcrux e all’anatema assassino Avada Kedavra. 

Ed eccoci qua… Avada Kedavra, quale modo migliore per introdurre il prossimo e ultimo punto.

 Il professor Piton lancia una Avada Kedavra in una delle scene più importanti dell’intera saga di Harry Potter

3. L’importanza della morte

Passiamo quindi all’ultimo aspetto, importante quanto la magia stessa, anch’esso trattato in maniera davvero differente dalle due saghe: quello della morte. Nella saga di Harry Potter le morti si contano sulle dita, nessuna è mai risultata gratuita, scontata o prevedibile, visto che ognuna ha un significato e un peso specifico importante nell’intera economia narrativa dell’opera. Il lancio di un Avada Kedavra è sempre stato accompagnato da una sequenza chiave per la trama e rappresentava un momento di assoluta importanza e cambiamento per il personaggio che ne faceva uso. 

Uccidere usando la magia nel Wizarding World significa anche maledirsi. Una parte di noi stessi si perderà per sempre pronunciando quelle parole. Vale per il più oscuro dei signori fino al più potente mago, ma sembra anche che valga solo in Harry Potter.

In Animali Fantastici non è così: un mondo in cui l’antagonista fa ricorso al “lampo verde” in continuazione, anche contro una famiglia innocente solo per occuparne l’appartamento. Spie e traditori che uccidono senza ritegno tanto da far sembrare Voldemort gentile come un Ippogrifo. La cosa più inconsueta è che le vittime sono sempre degli innocenti, protagonisti di scene che, se avessero anche solo avuto lo scopo di raccontare allo spettatore quanto spietato possa essere un mago, in realtà si rivelano utili solo a descrivere un qualsiasi scialbo villain cinematografico.

Questo, di conseguenza, porta il fan di Harry Potter a trovarsi completamente spiazzato. Inevitabili sono i confronti con la saga principale e la deludente presa di coscienza che quello che Animali Fantastici vuole rappresentare rischia soltanto di rovinare tutto ciò che di bello è già stato raccontato. 

C’è poi il pubblico casual seppur raro, che resta confuso su come approcciarsi alla visione, con la sensazione di assistere a scene di crudeltà gratuita, inconcludenti e prive di alcun risvolto narrativo. 

Il pubblico un dubbio se la porta a casa: quello che Animali Fantastici sia nato come film stand-alone e successivamente trasformato in “saga” per via del successo riscontrato con la prima pellicola, cadendo nel più classico dei cliché da franchise hollywoodiano, la volontà di creare una macchina per soldi a tutti i costi tanto da comprometterne la qualità per via dell’incapacità di non saper come trarne il giusto potenziale.

Come ho sottolineato prima, il pubblico non è così ingenuo, o almeno non lo è più, nel mentre Hollywood non impara e forse non lo farà mai, ecco quindi la formula magica dell’insuccesso.

Almeno dalle premesse, Animali Fantastici avrebbe potuto tranquillamente condividere non solo l’universo ma anche la gloria e i successi della saga da cui è tratto, benché l’autrice dei libri e co-sceneggiatrice dei film sia sempre, incredibilmente, la cara e vecchia J.K. Rowling.

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