In queste sere, scorrendo il catalogo di Prime Video, sono incappato in un titolo familiare: Versilia Experience. E ho esclamato: «aspetta, ma questo è il film di Diego!»
Conosciamo il regista: Diego Bonuccelli
Ho conosciuto Diego Bonuccelli, il regista del film, qualche anno fa, durante un lavoro e lo ricordo ancora oggi come un pazzo. Non per il suo carattere, anzi, è una persona estremamente pacata. Solo che ha al suo attivo cinque lungometraggi e altri svariati cortometraggi. Che ci può stare, se fai il regista, certo. Ma Diego ha appena trent’anni, è un filmmaker ultra-indipendente e uno one-man band. E già non stai tanto bene se decidi di girare un lungometraggio, contando solo su te stesso. Se addirittura ne giri cinque, sei da rinchiudere.
E c’è anche da sottolineare una cosa: Versilia Experience non è male. Risente, com’è logico, di tutta una serie di problematiche inevitabili con il pochissimo budget e con gran parte dei ruoli coperti dallo stesso Diego.
Visto ho fatto il fioretto di recensire sempre in maniera sincera, nel bene e nel male, i prodotti indipendenti che mi capitano a tiro, e visto che conosco il regista, ho deciso di non mandargli un articolo già fatto e finito senza diritto di replica, ma di contattarlo e di farci una chiaccherata, così da poter affrontare con lui tutti i punti positivi e negativi di Versilia Experience.
Rompiamo un attimo il ghiaccio. Raccontaci il tuo percorso. Sei autodidatta, giusto?
Diego: Ho studiato a Pisa Discipline dello spettacolo e della Comunicazione, però ho fatto tutta roba teorica. Ho fatto una tesi sulla critica cinematografica. Però a livello pratico sono un autodidatta: ho cominciato nel 2013 (sono già passati 11 anni) con dei cortometraggi e dei video per qualche conoscente. Poi ho fatto subito nel 2014-2015 due lungometraggi, proiettati a Pietrasanta con grande successo di pubblico. Dopo ho girato due cortometraggi, uno sulla strage di Sant’Anna di Stazzema (XII844) e uno con Giorgio Panariello (Più accecante della notte). Questi hanno vinto diversi premi in vari festival e mi hanno dato abbastanza soddisfazione.
Poi ho girato altri due cortometraggi per tenermi in allenamento e contemporaneamente ho fatto un documentario su un paratleta in cui abbiamo intervistato anche Zanardi e Cipollini (Il triciclo). Anche questo ha vinto diversi premi in vari festival in Europa. Dopodiché ho fatto un altro lungometraggio che adesso è su Chili (Torve Fantasie).
Nel 2020 ho fatto un cortometraggio sui Liguri Apuani, un’antica popolazione (Liguri Apuani) e dal 2022 ho cominciato a lavorare a Versilia Experience.
Si percepisce una mano esperta e un occhio allenato dietro il tuo ultimo film, infatti. Di questi lavori passati, di quale sei più fiero? E quali un po’ meno?
Diego: I primi film li farei… diversamente. Con più esperienza e con un’altra testa, ovviamente. Quelli che mi rendono più fiero sono i cortometraggi che ho citato XII844 e Più accecante della notte. Anche quelli li farei diversamente, però per come erano impostati, per la tipologia di tematiche, credo che siano ancora validi.
E se potessi portare su un’isola deserta solo tre film (non tuoi), quali sarebbero?
Diego: Direi Heat – La sfida (1995) con Robert De Niro e Al Pacino, The Departed – Il bene e il male (2006) di Martin Scorsese e The Killer (1989) di John Woo.
Come già sai, credo che tu sia un pazzo. Quindi ti chiedo: da dove nasce questa necessità quasi masochistica di buttarsi a fare un lungometraggio?
Diego: Per me è proprio una necessità che non so da dove viene.Se non ho nulla da fare mi sento quasi depresso. Diciamo che se fai dei lavori su commissione, non hai spazio per la libertà creativa, mentre un film, seppur senza mezzi (quindi non veramente libero, non puoi far esplodere una casa o avere attori bravissimi) mi fa sentire libero di fare una cosa mia. Un lungometraggio lo vedo più interessante a differenza del corto, perché non hai limiti di tempo. È una questione di libertà e mi sento quasi male se sto fermo.
Versilia Experience
la trama
La cosa che colpisce immediatamente del film di Diego è che la Versilia non è propriamente descritta come quella nell’immaginario collettivo. Non è la Versilia dei film vacanzieri anni ‘60. Si tratta di un luogo cupo, sempre nuvoloso, in cui la criminalità è molto a suo agio. Tutto inizia da una rapina e un conseguente scambio di valigia: i due rapinatori si scontrano in un sottopasso con un altro malvivente e ne prendono, per errore, la valigetta.
Il commissario Cosmi, ormai prossimo alla pensione, è incaricato di condurre l’indagine, che prende pieghe sempre più complesse e misteriose.
Il film rappresenta un po’ la tua visione della Versilia, oppure hai solo scelto di andare in contrasto con i luoghi comuni?
Diego: Entrambi in realtà. La visione stereotipata è soprattutto quella delle persone che ci vengono in vacanza e anche hanno anche la disponibilità. La mia è una versione “fantastica”, non è che tutti i giorni avvengono cose come quelle del mio film. Anche se a fine anni ‘80, inizi anni ‘90 ci furono di casi di criminalità e di mafia. Un piccolo fondo di verità, in fondo c’è. In più, d’inverno la Versilia ha un altro look. Soprattutto anche nelle zone montane. Non abbiamo sempre il sole, ecco.
Il film ruota intorno alla valigetta dal contenuto misterioso, un classico MacGuffin. La domanda viene spontanea: quanto è forte l’influenza di Pulp Fiction di Tarantino?
Diego: Ci sono tanti riferimenti ad altri film, anche a Pulp Fiction. Tarantino è uno dei miei registi preferiti, ma forse non per questo film. Il film è una contaminazione di tante cose, come spesso succede, in realtà. Il fatto di non sapere il contenuto della valigetta arricchisce il film. È un po’ come i finali aperti.
Visto che abbiamo già parlato di qualche regista, ti rifaccio la domanda dell’isola deserta: quale regista (vivo o morto) ci porteresti con te?
Diego: Martin Scorsese, ha una bella filmografia con i generi che piacciono a me.
I punti di forza del film
Come già detto, si capisce che la persona dietro la camera da presa non è una persona alle prime armi. E ne dà piena dimostrazione nelle numerose scene d’azione, girate davvero benissimo, con ritmo e cura del dettaglio. È incredibile pensare che siano state girate da una crew composta da una sola persona.
Altro punto di forza è una fotografia sempre piuttosto precisa, con alcune inevitabili sbavature, ma che non vanno a inficiare la qualità generale della produzione. Davvero eccellenti, invece, le riprese aeree realizzate da Luca Villani, amico e collaboratore di Diego.
Come riesci a gestire da solo delle scene d’azione così complicate?
Diego: Soprattutto le scene d’azione me le immagino molto bene. Le preparo con degli schemi. La sparatoria che c’è nel capannone abbandonato, ad esempio, l’ho preparata con degli schemi. Io sapevo a memoria cosa doveva succedere. L’ho girata a segmenti, spiegando cosa dovevamo fare via via. E l’abbiamo chiusa in due pomeriggi. Il fare tutte le cose da solo è anche per risparmiare tempo nello spiegare come una scena vada girata, e ho più tempo per spiegare le cose a chi sta davanti alla telecamera.
Gestisci anche la fotografia. Probabilmente hai il potere di duplicarti. Insomma, com’è una giornata sul set con Diego (o con i Dieghi, a questo punto)?
Diego: Sostanzialmente è come essere un allenatore di calcio. Gli attori si presentano all’ora prestabilita e si parte con il primo segmento. Non spiego tutto nel dettaglio: prima do un’infarinatura generale, poi procedo per blocchi e spiego via via ai diretti interessati, spesso anche inquadratura per inquadratura. Faccio fare molte volte (forse anche troppe) le scene, così cambio l’inquadratura, mi posiziono in diversi punti.
I punti deboli del film
È chiaro che con tutto il rispetto e l’ammirazione nei confronti del lavoro svolto da Diego, ci siano dei punti deboli in una produzione di questo tipo. La primissima cosa che salta all’occhio (e all’orecchio) dopo le prime sequenze del film, è l’audio. Il film soffre infatti della mancanza di un audio di presa diretta. Si è optato per doppiare gli attori in un secondo momento. Un’operazione che in alcune scene funziona ma in altre molto meno, con un effetto piuttosto straniante.
Tutto questo anche perché le performance non sono del tutto convincenti. Ci sono alcuni interpreti che risultano credibili e interessanti, come Cesare Tarabella, che interpreta l’ispettore Orfeo Cosmi. Molti degli altri attori, per quanto a livello visivo siamo interessanti e aderenti ai personaggi che interpretano, non riescono a offrire performance altrettanto credibili.
Anche la sceneggiatura soffre di qualche alto e basso, la parte finale soprattutto è meno convincente del resto del film.
Per la questione audio, non hai ancora trovato un collaboratore folle quanto te che ti supporti nella presa diretta o sei un lupo solitario e preferisci lavorare da solo?
Diego: In realtà i motivi sono due: il primo è che effettivamente non ho un collaboratore che mi faccia la presa diretta. La seconda cosa è che gli attori non sono proprio attori, a parte qualcuno. Quando giravano, spesso recitavano male le battute. Quindi la versione col doppiaggio è molto meglio rispetto alla versione originale. Poi spesso ci sono rumori di sottofondo, il classico vicino con la motosega, insomma. Insomma, il montaggio è stata una scelta obbligata.
Per quanto riguarda gli attori, per l’appunto, mi viene da fare una riflessione: Pasolini faceva recitare gente presa per strada, non faceva miracoli, ma i personaggi risultavano credibili. Ti faccio la domanda un po’ insidiosa: credi che sia un po’ colpa tua se i personaggi alla fine non risultano credibili? Perché devi pensare a tante cose, dimenticandone alcune essenziali, come la direzione degli attori?
Diego: In realtà il problema, secondo me, è il genere di film che uno fa. Perché è logico che se uno fa un documentario non ha questi problemi. Se uno fa un film come Pasolini, o un film neorealista, dove si raccontano storie “vere” o verosimili, gli attori presi dalla strada ci stanno. Nel caso di Versilia Experience si parla di finzione a tutto tondo, quindi l’attore che in realtà non è attore, fatica molto di più a sembrare veritiero.
Poi come sai, si tratta di una produzione con poche risorse e con rientro quasi nullo, quindi non è possibile avere attori professionisti impegnati per quasi due anni di riprese. Quando scegli di girare una cosa così, sai che quel punto critico ci sarà sempre. Magari sarà meno percepibile all’estero, perché a livello espressivo sono stati molto bravi secondo me. A livello vocale sono persone che non hanno studiato, neanche dizione. Anzi, rispetto a come poteva essere, è stato un miracolo. Rifacendo la scena cinquanta volte dal vivo e cento in doppiaggio, alla fine qualcosa di accettabile è venuto fuori.
Un’ultima cosa che non mi ha fatto impazzire è lo spiegone finale: la trama viene un po’ riassunta nell’interrogatorio, nel flashback e infine anche attraverso la radio. È un po’ la paura di non essere mai sufficiente chiari?
Diego: Mi è capitato a volte, in altri film, che la gente non capisse e venisse a fare domande. Riguardandolo, la scena con il questore, poteva essere snellita. La radio in fondo, invece secondo me ci stava, anche stilisticamente.
La distribuzione e i progetti per il futuro
Ho guardato il film su Prime Video e so che hai fatto una serie di proiezioni dal vivo in anteprima. Hai bypassato il percorso festivaliero con Versilia Experience?
Diego: Sì, non avevo i mezzi per mandarlo ai festival, poi non lo ritenevo adatto. Perché nei festival di lungometraggi ci sono poche produzioni così. In quelli di cortometraggi su per giù ti vai a scontrare con gente al tuo stesso livello. Nell’ambito dei lungometraggi invece ti vai a scontrare con produzioni che hanno più mezzi, più soldi, più tutto. Io avevo giusto i mezzi per girare un cortometraggio, anzi meno. Poi questa produzione è stata un’odissea, quindi appena finito non avevo più le forze. Ho provato a metterlo su Prime Video ed è andata bene.
Domanda da un milione di dollari: sala o streaming?
Diego: Negli ultimi tempi ho riscoperto la sala. Ed è veramente un’altra cosa, non c’è niente da fare. L’on-demand però ha il lato positivo di farti vedere i film quante volte ti pare e per chi è fissato come me con i film, e li riguarda un sacco di volte, è un grande punto a favore.
Progetti per il futuro?
Diego: Al momento niente, mi sto riprendendo ancora da Versilia Experience. Se ne riparla nel 2025, adesso sono in standby.
Conclusioni
Inutile girarci troppo intorno: se cercate l’ultimo film d’azione con The Rock, avete sbagliato tutto. Versilia Experience è un’altra cosa: è un film indipendentissimo, girato quasi interamente da una sola persona. Ha dei problemi, certo, sarebbe strano il contrario. Ma io durante tutta la visione, e soprattutto durante le scene d’azione, ho pensato «ma come cavoli ha fatto a fare tutto da solo?»
Insomma, ho terminato la visione e la chiaccherata con una forte ammirazione nei confronti di Diego, per le sue competenze, per la sua determinazione e anche per la sua pazzia. Se ci fossero più registi come lui in giro, credo che il cinema sarebbe un mondo migliore.