Per una puntata del nostro podcast mi sono davvero immolato: ho visto uno dei film più brutti della mia vita. E ne ho viste di cose strane e brutte brutte, eh. Mi sono addormentato almeno tre volte nel tentativo di finirlo e nel tentavo, invano, di ricredermi. Ma niente da fare, arrivato alla scena finale ho capito che avevo sprecato quasi due ore della mia vita.
Non so veramente da dove partire, quindi partirò dall’inizio: il film si intitola FF. SS. – Cioè “…che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?” è il secondo e ultimo (per fortuna) lavoro di Renzo Arbore come regista. Il suo primo film Il pap’occhio, in realtà ha ottime recensioni, ma io non ho avuto il coraggio di guardarlo. E credo non troverò il coraggio per molto tempo. Ah, se proprio vogliamo aggiungere benzina sul fuoco, il titolo non aiuta neanche la SEO dell’articolo.
FF. SS. – Cioè “…che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?”
Un cast stellare
Si tratta di uno di quei titoli che avevo già sentito, ma che per una ragione o per l’altra non avevo mai neppure intravisto. Il cast è ricchissimo anche si tratta principalmente di piccoli camei di vari amici di Arbore che appaiono interpretando loro stessi. Tra tutti: Lory del Santo, Pippo Baudo, Raffaella Carrà, Maurizio Costanzo, Domenico Modugno, Gianni Morandi, Massimo Troisi, Claudio Villa, Gigi Proietti, Luciano De Crescenzo… E tra i “protagonisti” ci sono lo stesso Arbore, Roberto Benigni e una certa Pietra Montecorvino che non conosco. Ah, da non dimenticare anche la comparsa di Renato Guttuso che interpreta un madonnaro che dipinge per terra.
E dirai, con tutta questa gente interessante e, soprattutto, vista la presenza di Lory del Santo, come può essere una schifezza questo film? Io te lo racconto, poi decidete tu. O meglio, ci provo a raccontartelo perché si tratta più che altro di sketch fini a se stessi con una sorta di storia che prova a legare tutto, con scarso successo.
La trama
Il film si apre con Arbore e De Crescenzo, che interpretano loro stessi, mentre viaggiano in auto e discutono di una nuova idea per un film dopo il successo de Il pap’occhio. Non hanno idee quindi invocano l’intercessione di San Gennaro.
La macchina si ferma a un semaforo rosso e vediamo che nella palazzina sopra al semaforo c’è Fellini (interpretato da un imitatore) che sta scrivendo la sua nuova sceneggiatura, però deve andare in bagno. Durante una scenetta molto poco divertente di lui che chiede a una presunta Giulietta Masina chiusa in bagno di muoversi, una folata fa volare la sceneggiatura fuori dalla finestra proprio sopra l’auto di Arbore, da qui il titolo: FF. SS. sta per Federico Fellini Sud Story.
I due raccolgono i fogli sparsi della sceneggiatura e ringraziano San Gennaro. Poi una delle uniche cose divertenti di tutto il film: il cerchio del semaforo rosso adesso contiene il sangue che si è liquefatto. Fine. Potevo interrompere la visione qui.
Un film brutto invecchiato malissimo
Cominciano le riprese del film nel film e cominciano anche tutti i problemi di una pellicola che dal 1983 è invecchiata malissimo. Infatti la prima scena che vediamo è Arbore che tocca una serie di tette che spuntano da una sorta di tribuna con dei teli per nascondere il resto del corpo delle ragazze. Le tocca tutte e le misura con uno strumento a forma di tetta rimproverando l’inserviente nero di aver fatto delle brutte scelte. Ora immagina il modo più offensivo in cui il personaggio nero possa parlare. Ecco, parla esattamente così.
Un messaggio ci avvisa che ogni tanto il film verrà interrotto da un interprete che tradurrà al pubblico arabo quello che sta accadendo. Di nuovo, immaginati la maniera più offensiva in cui possa essere rappresentato un arabo e la lingua araba? Ottimo, proprio quello. Ma se non bastasse, il grammelot con suoni arabi non è per nulla divertente e l’interprete ogni tanto pippa qualcosa da un anello, così perché forse non era abbastanza offensivo.
Il sogno di Lucia Canaria
Inizia circa la storia, in cui capiamo che la giovane Lucia Canaria, cantante napoletana, sta cercando di raggiungere il successo grazie al supporto del suo manager (interpretato di nuovo da Arbore). Procederò in ordine sparso perché non mi ricordo per niente la sequenza, ma non è importante.
Lucia Canaria per lavoro pulisce i bagni e li sorveglia. Si addormenta e sogna di essere nei bagni della RAI, suddivisi in uomini, donne e misti. Ma i personaggi famosi che vediamo escono un po’ così a caso, senza una logica. Tipo, Lory del Santo, che è la prima, esce dal bagno degli uomini. Mentre a un certo punto c’è una drag queen, che in linea con l’ironia altissima, mi aspettavo uscisse da quello dei misti, invece esce da quello delle donne. Insomma, io non ho capito.
La cantante e il suo manager iniziano un viaggio che li porta prima a Tele Ottaviano, dove la ragazza alla vista di una pizza sviene e si riprende soltanto con una fetta di pandoro applicata sulla fronte. Prima di lei si esibisce lo Sceicco Beige, interpretato da Benigni, che viene presentato come inventore dell’arabian sound, ma in realtà nella canzone non c’è nulla di arabian. Un’altra scena da non buttare via è quella in cui Benigni suggerisce a Lucia di cambiare manager dicendole tutte le caratteristiche che dovrebbe avere un buon manager (che contrastano sempre di più con quello che dice Arbore).
Viaggio a Milano e Roma
Poi vanno a Milano, dove c’è un tizio che va a giro con un coltellaccio nella nebbia fittissima e dice che “c’è una nebbia della madonna che si taglia con il coltello”. Tentano la fortuna lì, ma va male di nuovo e lei torna a lavorare nei bagni. Si spostano poi a Roma dove in un’osteria c’è una delle scene più basse che abbia mai visto: un certo Cloaca che mangia e condisce la pasta con la forfora, si mangia le caccole, rutta, scorreggia, si strizza un brufolo. E tutto, come sempre, completamente gratuito. Questo Cloaca gli fornisce un aggancio in Rai, che comunque non va in porto, e lei va pulire i bagni di alcuni ricchi, che poi si scoprono essere politici (si riconoscono alcuni sosia “da Bagaglino” di Andreotti e di Craxi).
Lei finisce in carcere per aver rubato una mela; in carcere ha l’apparizione di una madonna dalle sembianze di Sophia Loren che le dice che deve essere fiera di essere napoletana; quando esce viene investita insieme al suo manager e mentre sono per terra disquisiscono dei massimi sistemi; poi finalmente iniziamo ad andare verso il finale: i due accompagnano lo Sceicco Beige al Festival di Sanremo e lui garantisce a lei una piccola parte nella sua esibizione.
Il finale
In questa scena vengono mostrate anche alcune riprese di repertorio del Festival del 1983, dove c’è una bellissima e giovanissima Raffaella Carrà. Si esibisce lo Sceicco Beige nella splendida canzone “Il pillolo”, che parla di contraccettivi. Alla fine della canzone, entra Lucia Canaria con un pancione gridando “E questa creatura come la vuoi chiamare? Pillolo?” E poi spara a Benigni che ci mette cinque ore a fingere di morire. Lei approfitta del clamore per prendere il microfono e cantare (una canzone neanche bruttissima stavolta).
Insomma, finisce di cantare, dietro di lei un sacco di persone meridionali che si uniscono al coro, poi una scena un po’ d’amore tra lei e il manager davanti al microfono. E niente. Il film finisce con un’altra scena carina dove Arbore e De Crescenzo vanno sotto la finestra di Fellini a chiedergli come poter chiudere. E Lui gli risponde: “con il solito girotondo!”
Fellini e la cultura cinematografica degli anni ’80
Ecco, mi aggancio a questo finale per dire che Fellini non ha parlato ad Arbore per diversi mesi dopo aver visto il film in anteprima, e come dargli torto.
Ma vorrei comunque approfittare di un film obiettivamente brutto per fare una piccola riflessione: non mancano all’interno di tutto il film, oltre all’ultima scena, continui ammicchi e parodie del cinema di Fellini. Ho trovato davvero particolare che un film come questo, destinato probabilmente a un pubblico non colto, citasse e prendesse in giro dei film di certo popolari all’epoca, ma anche non immediati. E quindi mi sono fatto diverse domande circa le differenze del pubblico di oggi e del pubblico degli anni ‘80: se oggi provassimo un’operazione simile parodiando personaggi e film di, che ne so, Sorrentino, in quanti coglierebbero le citazioni?
Magari è proprio per questo accostamento tra citazioni alte e ironia bassissima che non ha fatto funzionare il film. Ma forse ci sto soltanto ragionando troppo io sopra e il film non ha funzionato perché semplicemente è uno dei film più brutti mai girati..